SAPERE DI VINO
Dalla vigna alla cantina
I Tipi di Vinificazione
Vinificazione in Bianco
Nella vinificazione in bianco è generalmente consigliabile evitare un contatto troppo prolungato delle bucce con il mosto. Il vino bianco infatti viene prodotto indistintamente da uve a bacca bianca e uve a bacca nera. Lo champagne, ad esempio, ma anche il nostro spumante, prevede spesso la presenza di un vitigno a bacca nera, come il pinot noir, vinificato in bianco. Questo tipo di vinificazione è similare a quella in rosso, se si eccettua la permanenza delle bucce nel mosto. Al momento della pressatura infatti, la pressa idraulica orizzontale trattiene i raspi, i vinaccioli e le bucce, producendo subito un mosto fiore. La fermentazione alcolica inoltre è condotta a temperature più basse (16-20 °C) rispetto a quelle consentite per i vini rossi. Alcuni produttori scelgono intenzionalmente di permettere una breve permanenza delle bucce nella primissima fase della fermentazione, e questo perché i pigmenti ed i precursori aromatici risiedono proprio nelle bucce. In questi casi si preferisce solitamente procedere con una criomacerazone o macerazione a freddo, ovvero al raffreddamento (tra 8-10 °C e gli 0-2 °C) degli acini prima della pressatura, permettendo una macerazione delle bucce per solo alcune ore (macerazione pellicolare).
Schema Riassuntivo della Vinificazione in Bianco
- Vendemmia
- Pressatura soffice o pigiadiraspatura e sgrondatura
- Estrazione delle vinacce (oppure criomacerazione a freddo)
- Mosto fiore
- Torchiatura delle vinacce ed inserimento del mosto ottenuto nel mosto fiore
- Mosto fiore privo di bucce
- Addizione di lieviti
- Fermentazione alcolica
- Vino fiore
- Eventuale fermentazione malolattica
- Maturazione in serbatoi di acciaio o in botti di legno
- Travaso
- Stabilizzazioni e filtraggi
- Imbottigliamento
- Affinamento in bottiglia
- Immissione al mercato
Vinificazione in Rosato
I vini rosati costituiscono una sorta di ibridazione, partecipando delle caratteristiche organolettiche del vino bianco e del rosso. Anche dal punto di vista enologico si può assistere ad una sovrapposizione fra le metodologie seguite per la vinificazione dei vini rossi e quelle utilizzate per la vinificazione dei vini bianchi. Nella produzione dei rosati infatti una delle tecniche più diffuse è quella che prevede una sosta molto breve delle bucce nel mosto, in modo da consentire una colorazione appena accennata, che può andare dal rosa pallidissimo al rosa scuro. La materia base è in ogni caso fornita da quei vitigni a bacca rossa che per la loro scarsa pigmentazione consentono con facilità una simile forma di vinificazione. Nello Champagne la vinificazione in rosa del Pinot Noir è facilitata dalla scarsa pigmentazione del vitigno, che consente quindi la produzione dei famosi ed affascinanti champagne rosé. In Italia i rosati solitamente non godono di grande fortuna presso i consumatori. Eppure, con il loro colore, con il loro profilo gustativo caratteristico, costituiscono un serbatoio ideale per abbinamenti con piatti a base di pesce o primi a base di basta con pomodoro. Non è un caso che le principali regioni italiane note per la loro produzione di rosati siano l’Abruzzo, con il Montepulciano d’Abruzzo Cerasuolo, e la Puglia, con il Castel del Monte ed altre d.o.c., regioni queste dove la cucina di mare propone piatti vocati ad un abbinamento con i rosati. Oltralpe d’altronde due a.o.c., ovvero Lirac e Tavel, nel Rodano Meridionale, producono esclusivamente vini rosati. Sarebbe quindi auspicabile che il consumatore più informato consumasse maggiormente questo tipo di vini, che possono rappresentare senz’altro la soluzione migliore per abbinamenti con cibi estivi, a base di pesce o di pasta.
Vinificazione in Rosso
L’elemento essenziale per la produzione di un vino rosso è la sosta delle bucce nel mosto. E’ infatti nelle bucce che risiedono le sostanze coloranti, i pigmenti, come gli antociani.
Il contatto può essere breve (alcune ore o giorni), o lungo (anche un mese come per il nebbiolo destinato a produrre il Barolo), a seconda del vitigno e dalla filosofia produttiva dell’azienda. Per questo, dopo la diraspapigiatura, il mosto fiore è lasciato a contatto con le bucce, fase nella quale si verifica un rilascio immediato degli antociani (nei primi giorni) ed una successiva estrazione dei polifenoli. Alcune aziende preferiscono far fermentare una parte o la totalità del mosto in barrique, per estrarre con la fermentazione i tannini (definiti gallici) del legno. La fermentazione avviene grazie all’azione dei lieviti indigeni e/o con l’aggiunta di quelli selezionati.
Vinificazione in Rosso – La Fermentazione Alcolica
La fermentazione prevede la trasformazione, grazie all’azione dei lieviti appunto, dello zucchero in alcol etilico, anidride carbonica ed energia (sotto forma di calore). Di qui il caratteristico ribollire del mosto, dovuto al rilascio di anidride carbonica e alla produzione di calore. E’ per questo motivo che la fermentazione del vino viene definita come “tumultuosa”. Nel corso del processo fermentativo, per qualsiasi tipo di contenitore (serbatoio in acciaio, vasca di cemento vetrificato, barrique), le vinacce (le bucce) tendono a galleggiare sopra la parte liquida del mosto, rendendo difficile l’estrazione di colori e profumi. Per questo si procede con una periodica rottura del “cappello delle vinacce”, procedimento che può prendere forma nel batonnage, nel caso della barrique, ovvero l’azione di mescolamento prodotto con un bastone, o nella follatura o rimontaggio, nel caso di altri contenitori, dove si procede all’estrazione della parte liquida del mosto dalla base del serbatoio di fermentazione e la sua ricaduta dall’alto sul cappello. Molti serbatoi in acciaio però prevedono la presenza di un diaframma forato che impedisce alle vinacce di risalire in superficie.
In quest’ultimo caso si ha una fermentazione a cappello sommerso. La follatura o rimontaggio favorisce anche il contatto del mosto con l’ossigeno, che contribuisce alla completa trasformazione dello zucchero in alcol etilico. Chiunque abbia assistito al famoso film documentario Mondovino, non può infatti non ricordare i consigli che il famoso enologo francese dava ai vari produttori in giro per il mondo, che consistevano spesso nell’ossigenare il mosto. Per facilitare l’ossigenazione si può ricorrere anche al cosiddetto delestage, che prevede l’estrazione di tutta la parte liquida dal serbatoio e il suo reinserimento dall’alto, così da rompere completamente il cappello delle vinacce. Nel corso della fermentazione il mosto tende comunque ad aumentare di volume, e questo sia per l’anidride carbonica prodotta che per l’innalzamento della temperatura. Per evitare la sua tracimazione dal cocchiume (foro di apertura dei serbatoi di fermentazione), spesso si provvede all’inserimento di un tappo colmatore, ovvero un piccolo recipiente di vetro, contenente lo stesso mosto fiore, recipiente collocato sul cocchiume, in modo che eventuali tracimazioni del liquido siano evitate facendo rifluire il mosto nel serbatoio, mentre un successivo abbassamento del livello venga compensato dal vino presente nel tappo colmatore. Esauritasi la fermentazione e svolto l’alcol dallo zucchero (nel caso di un vino secco), si procede alla svinatura, alla torchiatura delle vinacce, e alla separazione di queste (eventualmente inviate in distilleria) dal mosto vino recuperato, che ora è definito mosto fiore. Questo viene lasciato affinare in acciaio o in legno (botte grande, tonneau o barrique).
Vinificazione in Rosso – Fermentazione Malolattica
Nel corso di questo periodo di affinamento può verificarsi la fermentazione malolattica, ovvero la trasformazione dell’acido malico in acido lattico ed anidride carbonica, processo prodotto dai batteri lattici (Pediococcus Lactobacillus e Leuconostoc), e indotto anche da una bassa acidità del mosto (3.2 – 3.4 Ph) e dalla presenza di una bassa percentuale di anidride solforosa. Poiché la malolattica ammorbidisce le caratteristiche organolettiche del vino, i produttori spesso inducono artificialmente questa particolare fermentazione con l’aggiunta di coltura di batteri lattici selezionati. Dopo l’eventuale malolattica, il vino ottenuto viene travasato, in modo da separare le fecce depositate sul fondo dal liquido. A questo punto il vino può essere chiarificato, a bassa temperatura, con l’utilizzo di bentonite (un’argilla capace di trattenere le proteine del mosto ed utilizzata in forma granulare o in polvere) o gelatina (sostanza organica, detta anche osteocolla, ottenuta con il riscaldamento prolungato in autoclave di ossame, tendine e cartilagini animali), e chiarificato con prodotti organici (albumina, caseina, gelatina) minerali (gel di silice, sol di silice e anche bentonite)o chimici (resine ecc.).
Recentemente però molte aziende tendono a limitare questi interventi “chirurgici” sul vino, lasciando volutamente il prodotto non filtrato e non chiarificato. In questo caso l’etichetta riporta solitamente la dicitura “non filtrato”. Prima del tiraggio, il vino ottenuto può essere indotto a rifermentazione, con l’aggiunta di piccole quantità di mosto fresco, tenuto da parte a questo fine, o concentrato, in modo da correggerne alcuni difetti. In alcune zone della Toscana questa pratica fa parte del patrimonio tradizionale della vinificazione: il governo alla Toscana prevede infatti l’inserimento a dicembre di uve appassite e pigiate nel vino fiore, e di un’ulteriore aggiunta, sempre di uve appassite, in primavera. Per aumentare il titolo alcolometrico si può procedere invece con refregerazioni a -15/-18 °C. In questo modo si possono eliminare parti di acqua sotto forma di cristalli di ghiaccio. E’ molto più probabile però che l’enologo abbia necessità in cantina di aumentare l’acidità del vino, caratteristica questa che rende più apprezzabile il prodotto dal punto di vista gustativo e ne aumenti le capacità d’invecchiamento. Per ottenere questo risultato è possibile addizionare acido citrico e/o tartarico. Si tratta di pratiche consentite dalla legge, che limitano in ogni caso le quantità e le qualità delle sostanze addizionabili. Un ulteriore trattamento possibile del vino è dato dall’aggiunta di chips di legno. Ultimamente infatti la Commissione Europea consente anche ai produttori europei la possibilità di addizionare il vino con trucioli di legno, capaci di conferire sentori e tannini tipici dei vini affinati in legno. Una pratica questa consueta presso i vitivinicoltori australiani, neozelandesi e statunitensi, ma che ha trovato forti resistenze in Italia e Franca, i paesi con la più antica e radicata tradizione vitivinicola. Effettuata la chiarificazione ed il filtraggio, il prodotto ottenuto viene posto in serbatoi di tiraggio, dove viene aggiunta anidride solforosa, che preserva il vino dall’ossidazione e dall’instabilità biologica, tipica di tutti i prodotti alimentari naturali. Si procede quindi all’ imbottigliamento, fase questa quasi totalmente meccanizzata, ed a un’eventuale sosta del vino in bottiglia (affinamento), più o meno lunga, a seconda della tipologia e delle scelte di mercato del produttore, fase che antecede immediatamente l’immissione al mercato.
Schema Riassuntivo della Vinificazione in Bianco
- Vendemmia
- Pigiatura o diraspapigiatura
- Mosto fiore + vinacce
- Rimontaggi ecc.
- Fermentazione alcolica
- Svinatura (separazione delle vinacce dal vino fiore)
- Eventuale fermentazione malolattica
- Travasi
- Stabilizzazione con anidride solforosa
- Eventuale filtrazione e chiarificazione
- Imbottigliamento e possibile affinamento in bottiglia
- Immissione al mercato